Per diversi anni Natalia è riuscita a rinnovare il documento fino a che ha dovuto interrompere il lavoro a causa di un grave problema di salute. Ha perduto in questo modo il permesso di soggiorno ripiombando nel limbo dell’irregolarità documentale che l’ha trasformata in un fantasma per la società. 

Natalia, come molti altri cittadini stranieri e italiani, trovatasi senza lavoro e senza casa, ha trovato riparo in un luogo di emarginazione e disperazione come l’ex fabbrica della penicillina, a Roma. Noi l’abbiamo incontrata a dicembre del 2018, durante l’ultimo sportello legale davanti a quel luogo, poco prima dello sgombero in pompa magna dello stabile deciso dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. 

Abbiamo informato Natalia della possibilità di chiedere asilo in Italia per avere intanto un permesso di soggiorno ed essere inserita in accoglienza. Nel frattempo era entrato in vigore il primo decreto sicurezza che aveva abolito il permesso per motivi umanitari, verosimilmente l’unica forma di protezione che la donna avrebbe potuto ottenere. 

Dopo il primo diniego da parte della Commissione territoriale, Natalia ha presentato ricorso al Tribunale di Roma. In seguito, ha trovato lavoro come badante ed è potuta uscire dal circuito di accoglienza, dove non riusciva più a vivere serenamente, data anche la sua età e il suo stato psicologico. Per fortuna, mentre eravamo in attesa della decisione del giudice, è stata introdotta dal nuovo Governo la nuova protezione speciale che valorizza la situazione dei cittadini stranieri presenti in Italia da molti anni e che hanno qui una rete di relazioni sociali e un lavoro. 

Natalia ha così ottenuto un permesso di soggiorno di due anni con il quale speriamo possa proseguire più serenamente e stabilmente la sua vita in Italia.