Pubblicato in 2022, Le notizie del portale a buon diritto il 05 nov, 2024

La “lista dei paesi sicuri” svuota il diritto di asilo: il ricorso di 16 associazioni

La “lista dei paesi sicuri” svuota il diritto di asilo: il ricorso di 16 associazioni | A Buon Diritto Onlus

Sedici associazioni della società civile avevano impugnato la lista dei Paesi Sicuri dinanzi al TAR Lazio a luglio 2024. Con l’approvazione del decreto legge 158/2024 la nuova lista non risolve le criticità contestate, ma anzi le amplifica. Facciamo chiarezza sulle implicazioni legali e umane dei Paesi di origine sicura. 


Ormai da quattro anni l’Italia ha introdotto la “lista dei paesi sicuri” ai fini della valutazione della domanda di asilo. La lista ha subito due modifiche, di cui l’ultima a maggio del 2024 che comprendeva 22 paesi, tra i quali Tunisia, Egitto, Nigeria, Costa d’Avorio, Colombia e Bangladesh.

Da tale designazione discende un sostanziale svuotamento del diritto di asilo, in quanto si presume che il paese in questione sia sicuro per lз suз cittadinз, con conseguente inversione dell’onere della prova in capo alla persona richiedente asilo, che dovrà dimostrare il contrario per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale. La qualifica di paese di origine sicuro determina inoltre la diminuzione di garanzie procedurali, quali l’applicazione di procedure accelerate per l’esame della domanda di asilo e, in caso di rigetto della stessa, la possibilità di essere allontanatз dal territorio nazionale in pendenza del ricorso all’autorità giurisdizionale. 

Tale qualifica è inoltre uno dei presupposti per l’applicazione delle c.d. procedure di frontiera – che prevedono il trattenimento di fatto automatico delle persone richiedenti asilo. In attuazione del Protocollo siglato nel 2023 tra Italia e Albania, le persone provenienti da tali Paesi e soccorse in mare rischiano di essere trasferite nei centri in Albania. Il trattenimento in Albania può essere disposto nei confronti di uomini adulti ritenuti non vulnerabili. Tuttavia, la procedura di pre-identificazione delle vulnerabilità – effettuata a bordo delle motovedette o della nave militare successivamente al salvataggio – risulta del tutto inadeguata, come dimostrato dal trasferimento in Albania di persone minorenni e vulnerabili durante l’operazione del 14 ottobre.

Il 4 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fortemente depotenziato l’impatto dell’adozione di tali liste: ha infatti chiarito che, per la designazione di paese sicuro, è necessario che la situazione di sicurezza sia diffusa in tutto il paese, senza eccezioni di porzioni di territorio o di determinate categorie di persone dalla presunzione di sicurezza. Ai sensi dell’Allegato I alla direttiva 2013/32/UE, affinché un paese possa considerarsi sicuro, occorre dimostrare che “non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Da ciò discende che la maggior parte dei paesi che si trovavano sulla lista adottata dal Governo italiano non possano essere considerati sicuri.

In attuazione della sentenza europea, il 18 ottobre 2024, il Tribunale civile di Roma ha ordinato la liberazione e il trasferimento in Italia dei primi 12 richiedenti asilo, cittadini di Egitto e Bangladesh, detenuti in Albania, negando la convalida del loro trattenimento proprio perché tali Paesi non possono essere ritenuti sicuri in virtù del diritto dell’UE. 

Il 23 ottobre il Governo ha approvato il decreto legge 158/2024, contenente la nuova lista dei paesi considerati sicuri, che probabilmente confluirà nel decreto avente ad oggetto i flussi di ingresso per lavoro in Italia. Nonostante l’eliminazione di tre paesi per i quali il Ministero degli Esteri aveva previsto eccezioni di sicurezza territoriale, la lista conferma la designazione di paesi come Tunisia, Bangladesh, Egitto, Costa d’Avorio e Perù. Per questi paesi, le stesse schede ministeriali avevano segnalato eccezioni per alcune categorie di persone, quali la comunità LGBTIQ+ e i difensori dei diritti umani, evidenziando la sistematica violazione dei diritti fondamentali.

Già a luglio 2024, un gruppo di 16 associazioni della società civile aveva impugnato dinanzi al TAR Lazio la lista dei “Paesi Sicuri” approvata il 7 maggio 2024, denunciando le gravi limitazioni che essa impone al diritto di asilo e criticando il processo di designazione dei paesi inclusi. 

L’approvazione della nuova lista non risolve le criticità contestate ma anzi le amplifica. 

I paesi con eccezioni per ampie categorie di persone rimangono inclusi e non è chiaro quali fonti e criteri istruttori siano stati utilizzati per aggiornare la lista. Significativo è che per 11 dei 19 Paesi inclusi le informazioni consultate dai Ministeri nel mese di maggio riportavano diffuse persecuzioni fondate sul genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, tanto da fare raccomandare agli stessi Ministeri l’esclusione delle persone a rischio di subirle dall’applicazione del decreto. Alcuni dei Paesi designati quali sicuri non figurano in nessun’altra delle listi adottate dagli altri Stati membri dell’UE. Inoltre, i paesi inclusi nella lista coincidono con gli Stati da cui proviene il maggior numero di richiedenti asilo in Italia. Risulta dunque evidente la finalità di assoggettare la maggior parte dei richiedenti alla procedura accelerata di frontiera e al possibile confinamento nei centri albanesi, rendendo tale procedura, di fatto, la norma.

Le criticità evidenziate hanno spinto il Tribunale di Bologna a interrogare nuovamente la Corte di Giustizia sulla correttezza del procedimento adottato per definire la lista di Paesi considerati sicuri e il Tribunale di Catania a disapplicare il decreto legge 158/2024 invalidando il trattenimento di una persona sottoposta all’esame accelerato della domanda d’asilo in quanto proveniente da Paese “sicuro”.

I 19 Paesi inclusi nella lista non sono sicuri o quantomeno non lo sono per tuttз lз loro cittadinз. La loro inclusione comporta per le persone provenienti da tali Paesi e in cerca di protezione perché già vittime di tratta, violenza di genere o persecuzione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere un’ulteriore grave violazione, che si concretizza nel mancato accesso all’esercizio di un diritto fondamentale quale è il diritto di asilo o, nella peggiore delle ipotesi, nella privazione della loro libertà personale e nel trasferimento in un Paese terzo prima ancora di potere rivendicare tale diritto. 



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D.i.Re. – Donne in rete contro la violenza

Differenza donna

Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+

Confederazione Generale Italiana del lavoro – CGIL

Istituto Nazionale Confederale di Assistenza – INCA

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Naga Odv

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Dedalus – cooperativa sociale

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