Pubblicato in 2022, Le notizie del portale a buon diritto il 12 lug, 2022
Andrea Soldi: "Sentenza fondamentale, ora serve una riforma dei servizi dedicati alla salute mentale”
12 luglio 2022. La Corte di Cassazione ha confermato quanto espresso nei primi due gradi di giudizio sul caso Andrea Soldi. Rigettati i ricorsi degli imputati e confermate le 4 condanne a 18 mesi per la morte dell’uomo di 45 anni, affetto da schizofrenia, deceduto a Torino il 5 agosto 2015 dopo essere stato sottoposto a un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) eseguito in modo erroneo e violento.
“Una sentenza fondamentale, ma ora serve una riforma dei servizi dedicati alla salute mentale” dice Valentina Calderone, direttrice di A Buon Diritto, la Onlus che in questi anni è stata al fianco della famiglia Soldi nella tenace battaglia per ottenere la verità: “Il TSO è e deve rimanere un presidio a tutela di chi ha bisogno di cure. Non può tramutarsi mai in uno strumento violento con cui agire controllo sociale. Per questo è necessario un profondo cambiamento dei servizi dedicati alla salute mentale, affinché ci si prenda veramente cura della persona nella sua interezza”.
Per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, "La sentenza della Corte di Cassazione restituisce alla famiglia di Andrea Soldi un minimo senso di giustizia e afferma che a Torino, il 5 agosto 2015, ebbe luogo, e non per la prima volta in situazioni del genere, una grave violazione dei diritti umani: un Tso illegittimo eseguito con una violenza ingiustificata, ingiustificabile e purtroppo letale. L'ennesimo caso in cui lo Stato si è abbattuto sulle fragilità anziché proteggerle".
“La storia di Soldi non è isolata - aggiunge Calderone, che con la Onlus fondata da Luigi Manconi ha monitorato e seguito numerosi casi: “Da Vincenzo Sapia a Bruno Combetto, da Giuseppe Casu a Franco Mastrogiovanni, da Mauro Guerra a Elena Casetto, sono tante, troppe, le persone che nel nostro Paese sono andate incontro alla morte a seguito di un TSO. È quello che succede quando si abdica al ruolo sanitario e di cura in favore di una risposta repressiva per cui le persone con problemi di salute mentale vengono viste come un pericolo sociale invece di essere prese in carico e supportate”.