Pubblicato in 2019, Le notizie del portale a buon diritto il 30 apr, 2019
Accesso agli atti e ricorso contro Ufficio Immigrazione Questura di Roma per mancato rinnovo dei permessi di soggiorno. Il commento di Francesco Portoghese di A Buon Diritto
Un commento di Francesco Portoghese, operatore legale di A Buon Diritto onlus.
Da ottobre 2018 ai titolari di protezione internazionale non è consentito rinnovare il permesso di soggiorno se senza dimora e iscritti nell’apposito registro anagrafico del Comune di Roma, presso l’indirizzo convenzionale di via Modesta Valenti.
L’orientamento della Questura – Ufficio immigrazione è risalente nel tempo, ma non aveva ancora colpito tali soggetti, vulnerabili per definizione. La posizione dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti a Roma si è aggravata ulteriormente e rischia di creare una vera e propria emergenza sociale. Basti pensare che, pur avendone diritto, senza il permesso di soggiorno non è possibile iscriversi al Ssn, stipulare contratti di lavoro o di locazione, accedere alle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari etc. Insomma, tutte quelle misure che costituiscono un limitato, ma indispensabile, argine alla povertà e all’emarginazione.
L’operato della Questura – Ufficio immigrazione non trova fondamento nella legge. In primo luogo, perché il rilascio o il rinnovo del titolo di soggiorno non è mai subordinato all’iscrizione anagrafica. Una circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento liberà civili e immigrazione già nel 2015 censurava l’operato dei medesimi uffici, ricordando come il titolo di soggiorno è un presupposto per la residenza e mai il contrario. Il Testo Unico immigrazione e il regolamento attuativo, salvo ove diversamente previsto, ritiengono sufficiente una dichiarazione del luogo dove si intende dimorare, senza riferirsi necessariamente alla residenza.
In secondo luogo, la residenza per i senza dimora ha la stessa efficacia e validità delle residenze “classiche”. Anzi, proprio per la categoria di soggetti che ne beneficiano, è previsto un regime semplificato. Quindi, a maggior ragione, nelle pratiche di rinnovo dei documenti, il certificato di iscrizione in via Modesta Valenti dovrebbe avere un peso specifico maggiore, soprattutto nel caso di titolari di protezione internazionale.
In seguito a due istanze di accesso agli atti, presentate da A Buon Diritto Onlus e Consiglio italiano per i rifugiati Onlus, è stato possibile risalire ai documenti che, in palese contrasto con la legge nazionale, secondo la Questura – Ufficio immigrazione avallano tale prassi.
Il quadro che emerge da questi atti, e in particolar modo come vengono considerati gli stranieri senza dimora, è tanto brutale quanto inaccettabile per uno Stato di diritto.
Il verbale di una riunione tenutasi in Prefettura di Roma, il 25/10/2019, con la partecipazione di Prefettura, Questura, Comune e INPS riassume perfettamente la vicenda. Qualche mese prima, infatti, sia il Comune di Roma che la Questura avevano chiesto indicazioni ad altre autorità (Ministero dell’Interno, Prefettura) sulle iscrizioni al registro per i senza dimora.In particolar modo, l’attuale sistema fortemente voluto dalla giunta Raggi (delibera 31/2017), prevede la competenza dei singoli Municipi, con un passaggio preliminare dai servizi sociali, cui sono attribuite funzioni ulteriori. Ciò non solo ha comportato un aggravio ingiustificato del lavoro, e quindi un allungamento dei tempi per l’iscrizione (in violazione dell’obbligo di registrazione entro due giorni), ma ha anche reso i controlli sulle effettive abitudini di vita dei senza dimora più difficili. E’ bene precisare che la legge non ritiene tali controlli obbligatori e ne attribuisce la competenza al Comune. Quindi, una volta perfezionata l’iscrizione, non si può in alcun modo censurarne la validità. Inoltre, la responsabilità delle istituzioni non dovrebbe mai ricadere sulla cittadinanza in maniera generalizzata.Tuttavia, secondo il dirigente della Questura – Ufficio immigrazione, le persone senza dimora “aspirano a rendersi irreperibili, con importanti conseguenze e potenziali pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica”. Non sembra ci siano fondamenti a supporto di questa valutazione. Così come appare pretestuosa la considerazione secondo cui “tale situazione sta generando un effetto di richiamo per numerosi extracomunitari che da altre province si trasferiscono a Roma al solo fine di rinnovare il permesso di soggiorno per poi rendersi di fatto irreperibili sul territorio comunale”. Non si capisce perché un dirigente della Forza Pubblica si avventuri in simili ragionamenti che di fatto mancano di ogni pretesa logica. Ciascuno straniero è titolare della libertà di circolazione sul territorio nazionale e, di rimando, è rimessa alla sua sola volontà la scelta del luogo ove dimorare. A maggior ragione se per esigenze lavorative o familiari, su cui non sembra soffermarsi il Dirigente. Ma ancora più astrusa è l’equivalenza “avvio delle pratiche di rinnovo del titolo di soggiorno = volontà di rendersi irreperibili”. La logica imporrebbe l’esatto contrario: la volontà di rendersi irreperibili è dimostrata dalla mancanza di contatti con le istituzioni, passaggio obbligatorio nel rilascio/rinnovo dei documenti o di iscrizione anagrafica.
Dello stesso preoccupante tenore è l’affermazione di una dirigente del Comune di Roma, la quale ritiene che l’extracomunitario in possesso di permesso di soggiorno “dovrebbe avere una residenza reale”. Si evince chiaramente come si arrivi a una conclusione generale prescindendo da una valutazione del singolo caso. E’ noto, infatti, che i cittadini stranieri abbiano maggiori difficoltà nell’accesso al mercato immobiliare e del lavoro, in alcuni casi per lo scarso reddito percepito o per patologie psico-fisiche che comportano inabilità all’attività lavorativa. Nel Testo unico immigrazione, tuttavia, i requisiti reddituali e alloggiativi sono previsti solo in casi particolari (ricongiungimento familiare, permesso di lungo soggiorno), e non rilevano per rilascio e rinnovo di altri documenti, come quelli collegati alla protezione internazionale o umanitaria.
Queste prese di posizione, brevemente sintetizzate in precedenza, sono alla base della comunicazione del Questore di Roma dell’8/11/2018, in cui si invitano gli uffici competenti a non rilasciare “permessi di soggiorno a cittadini stranieri che risultano residenti in indirizzi fittizi”.
Riteniamo che una simile presa di posizione, oltre a essere in palese e grossolano contrasto con la legge nazionale, arrechi un gravissimo pregiudizio a numerosi stranieri regolarmente soggiornati. Queste persone, private arbitrariamente della possibilità di avere fisicamente un documento, non potranno più accedere a una vasta gamma di diritti e servizi. Tale privazione necessariamente causerà emarginazione e isolamento, andando a ingrossare le fila degli “invisibili” sul territorio capitolino.
Esprimiamo preoccupazione per la discriminazione in base al censo delle autorità e desta stupore la presa di posizione e la poca lungimiranza del Comune di Roma che, al posto di riconsiderare la strutturazione dell’iscrizione al registro dei senza dimora in modo da renderlo più efficiente, scelga di avallare pratiche illegittime il cui unico esito è quello di creare, solo in questo caso, potenziali pericoli per ordine e sicurezza pubblica e emarginazione. Le cui conseguenze, inevitabilmente, ricadono sull’amministrazione capitolina e non sulle altre istituzioni coinvolte.
Ci auspichiamo che queste pratiche siano destinate a cessare, una volta e per tutte. Il riconoscimento e l’implementazione dei diritti di tutti sono gli unici argini a una deriva pericolosissima, causata da ignoranza, luoghi comuni ma, soprattutto, da una scarsa capacità di analisi dei fenomeni e di assunzione di precise responsabilità delle istituzioni.