Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 22 mag, 2016
La verità, vi prego, su Mauro Guerra
l'Huffington Post, 22-05-2016
Luigi Manconi Valentina Calderone
Mauro Guerra aveva 32 anni, era laureato in economia e amava dipingere. Sono passati quasi 10 mesi da quando un colpo di pistola sparato dall'arma di un carabiniere gli ha tolto la vita, in una località nella campagna tra Padova e Rovigo.
Di quanto accadde in quel 29 luglio 2015 si sa ancora poco, quasi niente. Una sola certezza: oggi sappiamo - e possiamo dirlo senza timore di essere smentiti - che nessuno aveva disposto un trattamento sanitario obbligatorio per Mauro Guerra (come, invece, avevano titolato tutti i giornali locali).
Da quello che emerge, i carabinieri chiamando l'ambulanza e obbligando Guerra a salirvi, avrebbero agito al di fuori di tutte le garanzie previste per chi, in occasione di un episodio di sofferenza mentale, abbia bisogno di cure immediate. E non era comunque questo il caso di Mauro Guerra, sconosciuto ai servizi psichiatrici del territorio, in cui mai si era dovuto ricoverare.
In quel caldo giorno di luglio Guerra si trovava a casa, intento a dipingere un quadro quando due carabinieri gli hanno imposto di seguirli in caserma, distante una cinquantina di metri dalla sua abitazione. E così avviene. Il motivo di quell' "appuntamento" non lo conosciamo ancora. Sappiamo solo che, dopo circa mezz'ora, Guerra corre verso casa, inseguito da due carabinieri che poi diventano quattro, poi sei e poi dieci. Dieci militari che per oltre tre ore rimangono all'interno dell'abitazione, nel giardino e nel cortile adiacente.
Tentano in tutti i modi di convincere Mauro Guerra a salire sull'ambulanza, ma lui non vuole e non capisce perché debbano portarlo via. Così fa un ultimo, disperato, tentativo: finge di voler accettare il ricovero, si incammina verso l'ambulanza ma la supera e si mette a correre, dirigendosi verso i campi ai margini del paese. I carabinieri lo inseguono, quasi lo raggiungono, e uno riesce a chiudergli l'anello di una manetta intorno al polso. Guerra si gira e colpisce il militare, pronto a proseguire la sua corsa, ma è a questo punto che un colpo di pistola lo raggiunge al petto. Nonostante sul posto siano presenti due ambulanze e un elicottero dell'elisoccorso, il corpo del giovane rimane steso a terra per quasi tre ore.
Nessuno verifica i parametri vitali, nessuno permette ai familiari, che pure erano presenti durante le tre ore di assedio della loro casa, di avvicinarsi, e ancora non sappiamo a che ora l'uomo abbia esalato l'ultimo respiro. La procura ha aperto un fascicolo, sono stati sentiti alcuni testimoni ed effettuati degli accertamenti, tra cui l'esame autoptico e la perizia balistica.
Sappiamo che Guerra è morto in quel campo, il colpo che lo ha ucciso è stato esploso da una distanza non inferiore ai 50cm ma non superiore ai 5 metri e il proiettile lo ha trafitto all'addome. Sappiamo che il proiettile è entrato nel suo corpo dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra, che i colpi esplosi sono stati quattro e che di questi - lo dicono le indagini eseguite dagli stessi carabinieri - sono stati rinvenuti solo i bossoli e nessuna ogiva. Sappiamo inoltre che l'esame tossicologico effettuato su Guerra ha dato esito negativo per ogni tipo di sostanza e che a ottobre 2015 è stato conferito l'incarico al perito della procura per l'accertamento tecnico sui cellulari sequestrati a due carabinieri.
È passato molto tempo dall'immagine di quel corpo riverso sul terreno di un campo coltivato, e dopo i primi sei mesi di indagini il pubblico ministero ha chiesto una proroga. Speriamo davvero che si stia facendo tutto il possibile per arrivare alla verità su quanto successo a Mauro Guerra, e che questo tempo ulteriore, fonte di altra sofferenza per i genitori e i fratelli, sia davvero utile a dar loro le risposte che aspettano.
Fonte immagine: mattinopadova.gelocal.it