Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 23 giu, 2016
L'appello per Roberta, la studentessa a processo per una tesi sui No Tav
Dall'Huffington Post del 23/06/2016
Di Luigi Manconi
Nel 1980 un caro amico, Silvio Di Francia (che sarebbe stato, decenni dopo, assessore alla cultura di Roma, nella seconda giunta Veltroni), discusse la sua tesi di laurea in Scienze politiche all'università Sapienza di Roma. "Le forme della politica nel movimento del '77" era il titolo del suo lavoro, dedicato alla mobilitazione studentesca e sociale di quell'anno. Tra i membri della commissione di laurea, il professor Domenico Fisichella, (che sarebbe stato, decenni dopo, vicepresidente del Senato) il quale - ascoltato ciò che gli appariva come una sorta di apologia della violenza politica - chiese ai colleghi se non ritenessero opportuno trasmettere quella tesi alla magistratura perché individuasse eventuali fattispecie penali. La commissione non fu d'accordo.
Più di recente, un'altra commissione di laurea ha deciso di attribuire il voto di 110 e lode a una tesi dal titolo: "Ora e sempre No Tav: identità e pratiche del movimento valsusino contro l'alta velocità", scritta da Roberta Chiroli al termine di un lavoro di ricerca sociale. Dunque, la valutazione scientifica da parte dell'accademia è stata lusinghiera, ma ciò non ha impedito che sulla stessa Chiroli si abbattesse un giudizio specularmente opposto, quello dell'autorità giudiziaria, che le ha inflitto una sanzione penale.
Ricapitoliamo i fatti: Roberta Chiroli si è laureata nell'autunno del 2014 in Antropologia culturale, etnologia, etnolinguistica, dopo aver scelto, d'intesa con il suo relatore, la modalità della ricerca antropologica basata sulla tecnica dell'"osservazione partecipante", sviluppata da uno dei padri dell'antropologia, Bronislaw Malinowki. Per svolgere il suo lavoro si è recata per qualche mese in Val Susa, insieme a Franca Maltese, dottoranda in antropologia all'università della Calabria, e ha partecipato a numerosi incontri e manifestazioni, effettuando interviste agli attivisti del movimento No Tav. Durante la manifestazione del 13 giugno 2013 organizzata da un gruppo di studenti liceali partecipanti al campeggio estivo di Venaus, alcune decine di persone effettuavano un volantinaggio nei pressi della ditta Itinera di Salbertrand, rallentando il traffico su una strada secondaria, entrando per qualche minuto nel cortile della ditta, impedendo ad alcuni mezzi l'accesso dal cancello e danneggiando delle autovetture.
Le due giovani studiose vengono riprese in questo contesto, anche se la loro posizione - come evidenziano le stesse immagini video utilizzate dagli inquirenti - è sempre defilata rispetto al gruppo dei militanti. Dunque non partecipano personalmente al volantinaggio e non entrano nella proprietà privata, ma si limitano a svolgere la loro attività di osservazione, come già in precedenti occasioni. Successivamente una parte dei presenti torna verso Venaus con il treno, e all'arrivo in stazione vengono fermati e identificati da agenti di polizia. Tra loro, anche la Chiroli e la Maltese, che vengono denunciate, insieme ad altre 43 persone, per concorso morale nei reati di blocco stradale, imbrattamento, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violenza privata aggravata, invasione di terreni.
L'avvocato Valentina Colletta, difensore delle due studentesse, ottiene dalle università di appartenenza la dichiarazione che argomenti e modalità dei lavori di ricerca erano stati concordati, con i relativi docenti. Per quanto riguarda la Maltese la linea di difesa viene accolta, ma non così per la Chiroli. Quest'ultima viene condannata a due mesi di carcere (pena sospesa con la condizionale) per concorso morale in violenza privata aggravata e invasione di terreni.
Ora, si devono attendere le motivazioni della sentenza, ma si può ipotizzare che il giudice abbia accolto la tesi del pubblico ministero. Quest'ultimo nel corso della sua requisitoria, ha chiesto la condanna per concorso morale in quanto la Chiroli ha utilizzato, in alcuni brani del suo scritto, il "noi partecipativo". Quel noi partecipativo che, per la difesa, e numerosi docenti firmatari di un appello "per la libertà di ricerca e di pensiero", è un espediente narrativo col quale il ricercatore intende collocarsi rispetto all'oggetto della ricerca. Non solo: si tratta - come è ovvio - di una scelta tutta soggettiva dipendente da una pluralità di motivazioni, simili a quelle che, nella letteratura, inducono a ricorrere al'io narrante.
Sembra incredibile che si debbano richiamare principi e criteri così elementari. Ma accade ogni volta che un potere o una istituzione - qualsiasi potere e qualsiasi istituzione - travalicano i limiti previsti e le competenze attribuite. Ogni volta, cioè, che un'autorità si rivela incapace di quell'autocontrollo che è fondamento della divisione dei poteri e del buon funzionamento di uno Stato di diritto. E qui il principio giuridico assume una intensa tonalità morale. La volontà, comunque manifestata, di interferire con la piena libertà di opinione e di espressione rivela, oltre che una sgangherata concezione del diritto, una sorta di astio culturale. La mortificazione dell'autonomia della scrittura coincide con la violazione delle garanzie della libertà personale.