Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 01 feb, 2016
“E tu slegalo subito” Curare senza legacci
La Nuova Sardegna,28-01-2016
Valentina Calderone
Una battaglia di civiltà contro la contenzione psichiatrica
Nei giorni scorsi, a Roma, nella sala di Santa Maria in Aquiro al Senato, è stata presentata la campagna nazionale contro l'abolizione della contenzione. “E tu slegalo subito” è il suo titolo, preso in prestito dall'esortazione di Franco Basaglia in risposta a chi gli chiedeva come comportarsi con i pazienti immobilizzati ai loro letti. Perché la contenzione meccanica è proprio questo: limitare nei movimenti uomini, donne e anche minori attraverso una serie di presidi, principalmente legacci, avvolti intorno a polsi e caviglie fissati poi ai quattro angoli del letto. Non ci si può mettere seduti, mangiare autonomamente, grattarsi un piede punto da una zanzara.
Questa modalità di “disciplinamento”, utilizzata per impedire gesti violenti contro se stessi e gli altri o per contrastare stati di agitazione, è comune nei reparti psichiatrici degli ospedali pubblici, nei servizi di neuropsichiatria per minori, nelle residenze per anziani e anche, in maniera preoccupante, nelle strutture private. Nonostante sia così frequente, è una pratica quasi totalmente sconosciuta, sia ai cittadini sia a politici e amministratori. «Ma davvero si lega ancora?», è la stupita risposta nella maggioranza dei casi.
Per porre fine a questa pratica disumana, dall'amaro sapore di manicomio, diverse sigle e associazioni si sono unite organizzando una raccolta firme e diverse iniziative in molte città d'Italia: Forum salute mentale, Conferenza permanente per la salute nel mondo “Franco Basaglia”, Unasam, Funzione pubblica Cgil, solo per citare alcuni tra i promotori.
Si può decidere di non legare, e lo dimostrano i quasi venti Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) aperti e no-restraint, dove appunto è bandita la contenzione meccanica. Un esempio di buone pratiche, cultura condivisa e volta alla tutela della dignità della persona affetta da disagio mentale, purtroppo ancora una goccia nel mare se si pensa che nei restanti trecento Spdc italiani la pratica di legare i pazienti è tutt'alto che desueta. Nel nostro ordinamento non esistono norme specifiche in materia (anche se alcuni si appellano a un articolo del regolamento manicomiale del 1909, mentre altri lo ritengono implicitamente soppresso dalla legge Basaglia, (la 180 del 1978) e in dottrina ci sono diverse posizioni tra chi tende a definire legittima la contenzione e chi ritiene sia invece illegale. Alcune regioni e aziende sanitarie locali si sono dotate di linee guide che prevedono regole stringenti, come il monitoraggio ogni 15 minuti, l'obbligo di slegare un arto a rotazione ogni mezz'ora e di far camminare il paziente ogni due ore.
Nonostante questi tentativi di regolamentare la pratica, l'abuso è più frequente di quanto si possa immaginare: Giuseppe Casu è morto nel 2006 nell’ospedale diCagliari dopo essere rimasto legato al letto per una settimana, così come Franco Mastrogiovanni, deceduto a Vallo della Lucania nel 2011 dopo quattro giorni di contenzione ininterrotta. La sua tragica vicenda è raccontata nel film di Costanza Quatriglio “87Ore”, dove sono utilizzate le immagini della videocamera di sorveglianza che riprende la lenta agonia di Mastrogiovanni. Vedere quelle immagini è l'unico modo di capire di cosa stiamo parlando, tanto è inimmaginabile un trattamento simile applicato da esseri umani su un altro essere umano.
Non sono solo le associazioni e i familiari delle vittime a chiedere di abolire la contenzione. Il Comitato nazionale di bioetica così si è espresso in un documento dell'aprile 2015: ribadiamo «l'orizzontebioetico del superamento della contenzione, nell'ambito di un nuovo paradigma della cura fondato sul riconoscimento della persona come tale, nella pienezza dei suoi diritti». Una battaglia difficile, ma che si può vincere. Per aderire alla campagna scrivere aetuslegalosubito@gmail.com.