Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 13 mag, 2016
Dichiariamo l'Egitto Paese non sicuro nel nome di Giulio Regeni
L'Huffington Post, 13-05-16
Luigi Manconi
Giulio Regeni è scomparso nel buio della notte del Cairo la sera del 25 gennaio 2016, come è accaduto e accade a tanti anonimi egiziani. Il suo corpo, straziato dai segni della tortura, è stato ritrovato il 3 febbraio, abbandonato in un canale poco fuori dalla città. A seguito delle ricostruzioni false e oltraggiose del Governo egiziano sulla vicenda del figlio, Paola e Claudio Regeni, nel corso di una conferenza stampa promossa dalla Commissione diritti umani del Senato, hanno levato il loro disperato grido di verità. In quella occasione Paola Regeni, utilizzando quel linguaggio dolce e potente che ha saputo far scaturire dal proprio dolore, ha definito suo figlio un "giovane contemporaneo". Ovvero, un ragazzo brillante e curioso, un ricercatore attento che allo studio e alla conoscenza ha dedicato la sua vita, viaggiando, imparando le lingue, frequentando collegi e università in Paesi diversi.
Giulio ha incarnato il sogno dei padri fondatori dell'Europa: il miglior risultato di quelle politiche di scambio culturale e integrazione su cui abbiamo puntato alcuni decenni fa. Politiche che tanto profondamente hanno cambiato le nuove generazioni del continente. Per difendere questo pezzo fondamentale della nostra identità europea, l'uccisione di Regeni non può che portarci a considerare e dichiarare l'Egitto Paese non sicuro. Non lo è stato per Giulio e non lo è per migliaia di egiziani di tutte le età e di tutte le classi sociali, della cui sorte mai sapremo. E potrebbe non esserlo per i tanti turisti, lavoratori, studenti e ricercatori europei che vi si recheranno in futuro. Così come non è un Paese sicuro per quei profughi e per quei migranti che, partendo dalle coste egiziane, sbarcano in Italia e in Europa e frequentemente vengono respinti: si deve arrivare a una moratoria per far si che quanti cercano protezione nel nostro continente non vengano ricacciati in un Paese dove la loro incolumità è minacciata e i loro diritti fondamentali violati.
Non può essere considerato sicuro uno Stato con il quale si intrattengono relazioni regolari, ma dove l'incolumità di un cittadino italiano non viene, di fatto, tutelata: e dove, qualora essa venga violata, non sono garantite adeguate indagini per individuare i responsabili e ottenere giustizia. Non può essere considerato sicuro un Paese in cui centinaia di esseri umani vengono sequestrati, torturati e uccisi: solo negli ultimi otto mesi vi sono state 735 sparizioni e di circa 500 tra queste persone non si hanno più notizie; inoltre dal gennaio 2016 sono già 4 i morti accertati, ritrovati con evidenti segni di tortura sul corpo.
Per questi motivi, nelle relazioni dell'Europa con l'Egitto il tema dei diritti umani non può essere un accessorio insignificante. Bisogna considerarlo, invece, una priorità fra le priorità. E non si può immaginare un sistema di rapporti, di qualsiasi tipo, fra uno Stato europeo e un altro Stato che al suo interno non garantisca la tutela dei diritti fondamentali. L'oltraggio di cui è stata oggetto l'Italia da parte delle autorità egiziane nelle ultime settimane non colpisce solo questo Paese ma l'Europa tutta e l'insieme dei valori irrinunciabili in cui crediamo. Per queste ragioni, vogliamo mobilitarci affinché l'Egitto venga dichiarato paese in questo momento non sicuro, invitando i cittadini europei, in particolare "i giovani contemporanei" del nostro continente, a non recarvisi. Questo fino a quando il regime lì dominante non abbia mostrato la concreta volontà di cooperare per la ricerca della verità su Giulio Regeni e garantito il pieno rispetto dei diritti umani.
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