Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 16 feb, 2016
Andrea, Vincenzo, Bruno, Mauro... non si può morire di Tso
Huffington Post, 15 febbraio 2016
Luigi Manconi, Presidente di A Buon Diritto
Valentina Calderone, direttrice di A Buon Diritto
Bruno Combetto aveva 64 anni ed era affetto da schizofrenia paranoide, per la quale era seguito da uno psichiatra di una delle Asl di Torino. Il 24 settembre del 2014 si trova nel bar che era solito frequentare e un uomo parcheggia l'automobile sul marciapiede, proprio davanti ai tavolini. Combetto, cui avevano cambiato la terapia e che aveva rifiutato l'iniezione mensile, taglia le gomme della vettura con un coltello prima di dirigersi verso casa. La figlia e il genero vengono avvertiti immediatamente, così come i carabinieri e lo psichiatra che aveva in cura l'uomo. Combetto si reca da solo verso la sua abitazione e prima che lo raggiungano i carabinieri il danno all'automobile è già stato risarcito. Ciò nonostante dieci militari armati di tutto punto e con i giubbotti antiproiettile intervengo per eseguire un trattamento sanitario obbligatorio, cercando di entrare con la forza nell'appartamento di Combetto. Allo psichiatra curante non viene permesso di entrare da solo nell'abitazione e di avvicinare l'uomo, soltanto la figlia lo sente due volte al telefono a distanza di pochi minuti: poi i Carabinieri irrompono dell'appartamento. Combetto è agitato e spaventato, viene buttato a terra, ammanettato con le mani dietro la schiena, pesantemente sedato con farmaci cui non era abituato. Morirà nel giro di qualche minuto.
La notizia è che un giudice, pochi giorni fa, ha deciso di archiviare definitivamente la vicenda, ritenendo che non esistano gli estremi per avviare un processo nei confronti dei militari, dei medici e degli infermieri intervenuti. Se non fosse stato per la massiccia dose di psicofarmaci - non rientranti nella abituale terapia da lui seguita -, e per l'"energico" intervento dei carabinieri, Bruno Combetto sarebbe morto comunque? Per il giudice non è stato individuato il nesso di causalità, così ha deciso che la morte di un uomo in quelle circostanze non meritasse ulteriore approfondimenti.
Nessuno ha ascoltato i testimoni, non sapremo mai perché Combetto è stato ammanettato, alla famiglia non verrà mai detto cos'è successo in quei dieci minuti. Vedere riconosciute le proprie ragioni, o quantomeno essere ascoltati e ascoltare in un'aula di giustizia, è fondamentale per chi perde un proprio caro in circostanze simili. Ma anche se per questa vicenda un processo non ci sarà mai, i familiari e gli amici di Bruno Combetto vogliono che la morte dell'uomo non sia dimenticata e non risulti totalmente inutile, e anzi sperano di darle un senso attraverso una campagna di sensibilizzazione che informi i cittadini sul dispositivo del Tso, il suo scopo e le modalità attraverso le quali questi provvedimenti dovrebbero essere eseguiti. La prima parte del loro lavoro di ricerca si è concretizzata in questo video, in cui vengono raccontate altre storie simili a quella di Bruno.
Nell'ultimo anno e mezzo nel nostro paese sono morte quattro persone durante l'esecuzione di un Tso (o supposto tale, come vedremo) ed è davvero difficile capire per quale motivo venga utilizzato un tale spiegamento di forze per uomini che, evidentemente, non sono pericolosi criminali, ma persone bisognose di assistenza e cure.
Ed ecco che Vincenzo Sapia, di 29 anni, muore nel maggio del 2014 sull'asfalto del suo piccolo paese in Calabria, quando due carabinieri intervengono mentre lui si dispera e cerca di recuperare un cagnolino finito dentro il portone di un palazzo. Ci sono state delle indagini e la famiglia si è appena opposta a una richiesta di archiviazione.
Mauro Guerra aveva 31 anni e viene accerchiato dentro il suo appartamento da una decina di carabinieri in divisa, che sostengono di dovergli fare un Tso. Viene chiamata l'ambulanza, Guerra fa finta di accettare il ricovero e invece scappa per i campi dietro casa sua, in una località in provincia di Padova. I carabinieri lo inseguono, uno di questi lo raggiunge e vuole mettergli le manette. Guerra probabilmente prova con forza a divincolarsi, ma viene raggiunto da un colpo di pistola, che sarà fatale. Arriva l'elisoccorso e un paio di ambulanze, ma Guerra resterà disteso su quel prato per ore. Le indagini sono tutt'ora in corso, e la famiglia sta aspettando di sapere se un processo ci sarà. L'unica cosa certa in questo momento è che nessuno - né i medici né il sindaco - aveva firmato e quindi autorizzato un trattamento sanitario obbligatorio di cui per altro Mauro Guerra non aveva mai avuto bisogno in passato.
Era il 30 luglio 2015 e pochi giorni dopo, il 5 agosto, muore a Torino Andrea Soldi, quarantenne con disturbi psichici. Il padre aveva richiesto il Tso, preoccupato perché Andrea non prendeva da qualche tempo le sue medicine. Oltre all'ambulanza arriva una pattuglia di vigili urbani, che a quanto raccontano alcuni testimoni, stringono il collo di Soldi, lo ammanettano dietro la schiena e lo caricano in questa posizione sull'ambulanza. Non permettono ai sanitari di toglierli le manette e l'uomo muore in ospedale senza più riprendere conoscenza. Il processo deve ancora cominciare, ma alcune delle registrazioni acquisite nel fascicolo e pubblicate dai quotidiani sembrano indicative della violenza utilizzata. Queste le parole di uno degli operatori del 118 intervenuti, in collegamento con un collega della centrale: "La polizia ha effettuato il Tso che secondo me è stato però un po' invasivo, nel senso che l'han preso al collo e l'hanno... e l'hanno fatto un po' soffocare, insomma".
Nessuno sarà giudicato penalmente per la morte di Bruno Combetto, ma il dato altrettanto certo è che non si può tacere davanti al rischio, così frequente, che si scambino le tutele previste per chi ha un disagio psichico con modalità brutali di controllo, che niente hanno a che vedere con lo scopo previsto dallo stesso trattamento sanitario obbligatorio.
Fonte immagine www.altrapsicologia.com