Pubblicato in 2015, Le notizie del portale a buon diritto il 07 ott, 2015

L’inutilità di una legge mediocre

L’inutilità di una legge mediocre | A Buon Diritto Onlus

unioni civili 3il manifesto, 07-10-2015
Sergio Lo Giudice, Luigi Manconi

Come nel pazzo movi­mento di un flip­per dotato di una molla infi­nita, il dise­gno di legge sulle unioni civili, rim­balza sui pas­saggi e sulle curve dell’attività par­la­men­tare, senza tro­vare l’occasione e il tempo per tra­dursi in nor­ma­tiva. Così, oscilla tra uno scam­bio indi­ci­bile con riot­tosi alleati della mag­gio­ranza, e le affer­ma­zioni peren­to­rie e le pro­messe immar­ce­sci­bili già rive­la­tesi più volte vane. Il solo fatto certo è che quella legge ancora non è entrata a far parte del nostro ordinamento.

Eppure, ben quat­tor­dici paesi euro­pei hanno esteso il matri­mo­nio alle cop­pie dello stesso sesso; e altret­tanto hanno fatto tutti gli stati degli Usa dopo la sen­tenza della Corte Suprema del giu­gno scorso. Dun­que, dal Canada al Suda­frica alla Nuova Zelanda, sem­pre più Paesi aprono i pro­pri ordi­na­menti alle nozze egua­li­ta­rie. Tra que­sti, la gran parte delle nazioni di pre­va­lente cul­tura cat­to­lica (dalla Spa­gna all’Argentina, dal Bra­sile al Por­to­gallo, dall’Irlanda al Mes­sico, al Bel­gio all’Uruguay).

L’Italia ha scelto una strada dif­fe­rente: quella di un isti­tuto giu­ri­dico distinto dal matri­mo­nio riser­vato alle sole cop­pie gay e lesbi­che, già per­corsa da diversi paesi euro­pei negli anni scorsi e pro­gres­si­va­mente abban­do­nata, tranne che dalla Ger­ma­nia e da pochi altri.

A più riprese la Corte Costi­tu­zio­nale ita­liana ha invi­tato il Par­la­mento a rico­no­scere giu­ri­di­ca­mente le cop­pie dello stesso sesso, col­le­gando il para­digma ete­ro­ses­suale del matri­mo­nio all’assenza di una spe­ci­fica legge ordi­na­ria, capace di supe­rare quanto, al tempo della Costi­tuente, era con­te­nuto nel codice civile del 1942. Come a dire che quando il legi­sla­tore vorrà deci­dere per l’abolizione del divieto di accesso al matri­mo­nio per le cop­pie omo­ses­suali, non tro­verà un impe­di­mento nell’art.29 della Costi­tu­zione, la cui inter­pre­ta­zione è desti­nata a evol­vere. Tut­ta­via è un dato di fatto che fin ora il Par­la­mento non abbia fatto que­sta scelta e si sia incam­mi­nato sulla strada dell’istituto distinto, fon­dato sull’art.2 della Costi­tu­zione e non sull’art.29.

Que­sto sol­leva una que­stione impor­tante: la sepa­ra­tezza davanti alla legge del nuovo isti­tuto rispetto ai pre­ce­denti è una discri­mi­na­zione che, come quella che vie­tava i matri­moni inter­ra­ziali negli Stati uniti, sem­bra desti­nata a cadere col tempo. Ma quella sepa­ra­tezza, nell’immediato evi­den­zia un’altra con­trad­di­zione: il rischio, cioè, che la dif­fe­rente qua­lità del nuovo isti­tuto, possa com­por­tare una dispa­rità tra i diritti sociali rispet­ti­va­mente rico­no­sciuti. Cosa che intro­dur­rebbe inac­cet­ta­bili ele­menti di diseguaglianza.

Il testo unico in discus­sione al Senato pre­vede oggi una sola dif­fe­renza sostan­ziale fra le cop­pie omo­ses­suali e quelle ete­ro­ses­suali: ed è la disci­plina rela­tiva ai figli. Ai sog­getti delle unioni civili non sarà con­sen­tito l’accesso alle ado­zioni: sarà pos­si­bile, tut­ta­via, all’interno di una fami­glia omo­ge­ni­to­riale, l’adozione dei figli del/la partner.

Certo, avremmo pre­fe­rito rico­no­scere a que­sti bam­bini il legame giu­ri­dico con entrambi i geni­tori, quello legale e quello «sociale», senza pas­sare dalla pro­ce­dura impro­pria dell’adozione. E ave­vamo depo­si­tato due dise­gni di legge in tal senso, ma la cosid­detta «step-child adop­tion», già anti­ci­pata dalla giu­ri­spru­denza ita­liana, può rap­pre­sen­tare una prima e limi­tata rispo­sta — pro­ba­bil­mente l’unica otte­ni­bile oggi, con­si­de­rati gli attuali rap­porti di forza — a diritti fon­da­men­tali di bam­bini che la legge ita­liana rende «orfani» di un genitore.

Ciò che, cer­ta­mente, non sarebbe tol­le­ra­bile è che si rimar­casse ulte­rior­mente la dif­fe­renza fra matri­mo­nio e unione civile, a tutto svan­tag­gio di quest’ultima, ripro­du­cendo pro­fonde frat­ture di dise­gua­glianza, desti­nate poi ad essere san­zio­nate dalle corti euro­pee e nazio­nali in quanto discri­mi­na­to­rie. La dot­trina sta­tu­ni­tense del «sepa­rate but equal» con la quale si rico­no­sce­vano agli afroa­me­ri­cani gli stessi diritti dei bian­chi ma in un con­te­sto di segre­ga­zione raz­ziale, ha rap­pre­sen­tato, fino alla sua dichia­ra­zione di inco­sti­tu­zio­na­lità (1954), una pagina buia nella sto­ria dei diritti civili, ma si fon­dava comun­que sul pre­sup­po­sto (spesso solo for­male) che le con­di­zioni garan­tite a bian­chi e neri, pur nella sepa­ra­zione, fos­sero uguali.

Ecco il punto: il nuovo isti­tuto giu­ri­dico delle unioni civili fra per­sone dello stesso sesso nasce con l’anomalia di essere un dispo­si­tivo di sepa­ra­zione. Non sarebbe degno di un paese civile, e sarebbe cer­ta­mente riscritto dalle corti, se in più negasse alle cop­pie dello stesso sesso unite civil­mente un’uguale con­di­zione di accesso ai diritti delle cop­pie spo­sate (dalla pen­sione di rever­si­bi­lità alle gra­dua­to­rie comu­nali di accesso ai ser­vizi). Nono­stante l’Italia sia in ritardo sul resto d’Europa — dove lo sta­tus di fami­glia delle cop­pie omo­ses­suali è stato san­cito oltre che dai diritti interni anche dal diritto comu­ni­ta­rio — il nostro paese sta deci­dendo di fare solo un primo passo. Che almeno non sia sghembo e sbi­lenco. Oltre l’intollerabilità di un rin­vio che si rin­nova di sta­gione in sta­gione, facendo sospet­tare chissà quali trame e quali retro­scena , va chia­rito un punto fermo: senza quella pro­spet­tiva di egua­glianza, indi­cata qual­che riga più sopra, e senza l’accoglimento di quella «step-child adop­tion» (ado­zione del figlio del part­ner), saremmo in pre­senza di una legge tanto medio­cre da far dubi­tare di una sua pur minima utilità.

Fonte immagine: www.comune.genova.it