Pubblicato in 2015, Le notizie del portale a buon diritto il 25 set, 2015
Dieci anni senza Federico Aldrovandi La madre:«Dolore sempre con me»
Corriere della sera, 25-09-2015
ANTONIO CASTALDO
Ferrara, Patrizia Moretti partecipa a un dibattito con sindacalisti della polizia.
Manconi: «Un caso che ha cambiato la sensibilità della pubblica opinione»
Dieci anni dopo chiede pace. O almeno silenzio. La madre di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto a Ferrara per le percosse ricevute durante un controllo di polizia all'alba del 25 settembre del 2005, ha deciso di ricordare il figlio partecipando ad un dibattito pubblico con due rappresentanti sindacali della Polizia di Stato. Circostanza senza molti precedenti per una donna che, per fare luce sulla morte del figlio, si è attirata l'antipatia e le querele di un discreto numero di esponenti della Polizia di Stato. «Ho deciso di chiudere questa vicenda, ma il dolore è sempre con me», spiega al telefono Patrizia Moretti, senza voler aggiungere molto altro.
Nel luglio scorso ha annunciato di aver ritirato le querele contro il senatore Carlo Giovanardi, il sindacalista del Coisp Franco Maccari, e l'agente Paolo Forlani, uno dei quattro condannati per la morte del figlio. Sul suo blog ha scritto: «Non spenderò più minuti della mia vita per queste persone e per i loro pensieri. Mi voglio sottrarre a questo stillicidio: una fatica soltanto mia che nulla aggiungerebbe utilmente e concretamente a nessuno se non alla loro ansia di visibilità». Un atto che chiude gli strascichi giudiziari, ma che di certo non cancella le ferite ricevute nel corso di questi anni.
Le offese rivolte a lei, definita «faccia di culo» dal poliziotto appena condannato in Cassazione per avergli colposamente ucciso il figlio, o contro lo stesso Federico, chiamato «cucciolo di maiale», infine gli applausi, nella sala di un congresso sindacale, per tre dei quattro agenti condannati. «A dieci anni dalla morte di Federico per il mio ruolo di madre, ma anche per le mie aspirazioni e per la mia attuale visione del mondo, penso che il dedicare anche solo alcuni minuti a persone che disprezzo sia un’imperdonabile perdita di tempo. Non voglio più doverli vedere né ascoltare o parlare di loro». Ha concluso Patrizia Moretti, che in occasione del 25 settembre si concederà un'eccezione, partecipando al dibattito «Tra cittadino e Stato: la violenza è inevitabile?». Con lei ci saranno il presidente della commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi, il segretario nazionale dell’Associazione funzionari di Polizia Lorena La Spina ed il segretario generale del sindacato di Polizia Silp Daniele Tissone.
Le iniziative a Ferrara
A dieci anni dalla sua uccisione, Federico sarà ricordato il 25 e 26 settembre a Ferrara con una due giorni di musica, parole e immagini, organizzata dall’associazione che porta il suo nome che culminerà nel dibattito con la madre del ragazzo scomparso. «Passati dieci anni - sostiene Manconi - Patrizia Moretti ha deciso che in presenza di una sentenza definitiva che ha sciolto qualsiasi dubbio sulla responsabilità degli appartenenti alle forze dell'ordine, era giunto per lei il momento di pensare ad altro, di dedicarsi ad attività diverse. E soprattutto di proteggere la memoria del figlio da interferenze giudiziarie e controversie pubbliche con persone che, aggiungo io, evidentemente non ritiene degne della sua attenzione. nemmeno per il tempo necessario a proseguire un azione giudiziaria».
Il caso Aldrovandi ha aperto un varco nella sensibilità della pubblica opinione, rispetto a casi di abuso di potere che in passato venivano confinate sul fondo delle pagine di cronaca. «Certo, c'è stato il caso di Federico Aldrovandi - aggiunge Manconi - poi la vicenda di Cucchi, Magherini, Uva, Ferrulli, Budroni e altri, che hanno cambiato l'atteggiamento di una parte non so quanto ampia dell'opinione pubblica. E di riflesso stanno cambiando, o almeno mi auguro che cambino, le modalità con cui è attuato il fermo di polizia, intendo la tecnica con cui si immobilizza una persona, rivelatasi così pericolosa e così spesso letale. Nel caso di Magherini, nel marzo del 2014, viene adottata una tecnica che in una circolare dell'arma dei carabinieri era stata esplicitamente sconsigliata appena nel gennaio precedente. Le procedure cambiano, anche se troppo lentamente e troppo contraddittoriamente.
Il dolore del padre
«Il pensiero è sempre uno, quello di un’ingiustizia nei confronti di un ragazzino che non aveva fatto nulla di male e che una mattina ha incontrato quattro elementi che alla fine lo hanno massacrato, provocandogli 54 lesioni e spezzandogli il cuore, mentre lui gridava "aiuto, basta"». Lino Aldrovandi, il padre di Federico Aldrovandi, ricorda così, in una conversazione con l'agenzia Adnkronos, il terribile risveglio di 10 anni fa. Erano da poco trascorse le sei di mattina del 25 settembre 2005 quando il cuore di Federico smise di battere.
A fermarlo all’alba, in via dell’Ippodromo, dove il ragazzo camminava a piedi da solo alla volta di casa dopo una notte passata fuori con gli amici, sono stati i poliziotti Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto, tutti condannati per omicidio colposo per eccesso nell'uso legittimo della forza, a 3 anni e 6 mesi di reclusione. Una condanna definitiva, che non ha impedito al Viminale di reintegrare i quattro a distanza di due anni dalla condanna. «Le sentenze sono state molto dolci, le accetto perché bisogna - prosegue papà Lino - ma questa è una storia che non è andata fino in fondo, non credo sia stata fatta piena giustizia».
In questi due giorni ferraresi dedicati alla memoria di Federico, ci saranno parole, discorsi, ma anche canzoni e spettacolo (anche Valerio Mastandrea ha annunciato la sua presenza). Un modo divertente di ricordare un ragazzo che amava divertirsi . «La cosa più bella che mi sono sentito dire in questi anni è stata: "Tu e Patrizia - conclude il papà, Lino - ci avete fatto amare molto di più i nostri figli"». Sulla sua pagina Facebook, quasi ogni sera, Lino Aldrovandi posta un video, una canzone, un pensiero rivolto al suo Federico, che oggi non c'è più. Ma che per i suoi genitori è come se non fosse mai andato via.