Pubblicato in 2015, Le notizie del portale a buon diritto il 30 lug, 2015
A chi scrive: ti stimo tanto, ma perché Azzollini?
Huffington Post, 30-07-2015
Luigi Manconi
All'età di venticinque anni, a seguito di uno scontro con avversari politici, sono stato detenuto per sette mesi in custodia cautelare. Le condizioni di carcerazione erano pesanti. Talvolta pesantissime, ma non "disumane": e non fu, per me, un'esperienza traumatica. E, tuttavia, da allora (ma forse anche da prima, per sottili ragioni familiari) non ho mai augurato la galera ad alcuno. Nemmeno a Silvio Berlusconi e, come usa dire, ai miei peggiori nemici. E nemmeno, per capirci, a due figure speculari di super-carcerieri, per vocazione professionale e per un tratto di profonda immoralità, quali Marco Travaglio e Carlo Giovanardi (che pure, so per certo, non mi restituirebbero il favore). Ma nel caso di questi ultimi due, non li vorrei in carcere anche per evitare che rovinassero ulteriormente l'ambiente (ancora non totalmente pregiudicato: in tutte le accezioni possibili del termine). In ogni caso ritengo indispensabile mettersi nella prospettiva di "abolire il carcere" e, nel frattempo, ridurre al minimo il ricorso a esso, privilegiando ampiamente altre forme di pena. Altre forme più umane e - in particolare - più efficaci e utili (per tutti: vittime, autori di reato e società). Ma questa è solo la premessa.
Entro nel merito. La più suggestiva delle critiche indirizzatemi può riassumersi così: avrei, con il mio voto, concorso a “salvare” il senatore Azzollini solo perché, appunto, è Azzollini, mentre se si fosse trattato di un povero cristo lo avrei lasciato marcire agli arresti domiciliari. Penso francamente
che anche la più superficiale conoscenza della mia attività pubblica possa dire l'esatto contrario. Da sempre, infatti, mi sono occupato del rapporto tra libertà e pena, responsabilità e processo, devianza e garanzie. E l’ho fatto in base all’idea che il diritto penale dev'essere la Magna Charta del reo, il luogo delle garanzie che lo Stato accorda all’imputato, trasformando la vendetta in sanzione, il peccato in reato, l’ordalia in processo scandito da tutte le sue liturgie. E ho sempre pensato che in ogni contesto (la redazione della legge, il sindacato ispettivo parlamentare, la denuncia politica in senso lato) dovesse essere rispettato il principio di primazia della libertà su cui si fondano la nostra Costituzione e il nostro sistema penale. E che impone di ritenere la limitazione della libertà un’extrema ratio cui ricorrere “soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata” (così l’art. 275 del codice di procedura penale, per la custodia cautelare in carcere).
Il minimalismo penale, il superamento del carcere, degli ospedali psichiatrici giudiziari e dei centri per l’identificazione e l’espulsione dei migranti, il contrasto del populismo penale e l’esigenza di prescindere, quando si scrivono le norme penali e quando le si applicano, dalla ricerca del consenso e dal bisogno di trovare un capro espiatorio, sono alcuni degli obiettivi che ho sempre perseguito.
E a proposito della limitazione della libertà in danno di chi, come gli imputati, devono presumersi innocenti, mi sono sempre battuto per la sua minimizzazione, che la Consulta e la Cedu (in relazione alla custodia cautelare obbligatoria) ci ricordano essere un principio fondamentale dello Stato di diritto; la ragione della sua stessa esistenza, come già scriveva Hobbes. Purtroppo non ho la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di decidere della libertà di ogni cittadino: posso farlo soltanto per i senatori, valutando la ragionevolezza o meno delle richieste di limitazione della loro libertà. E dunque, nell’unica circostanza in cui il mio voto concorre a decidere della libertà, in fase cautelare, di terzi, ho il dovere di rispettare queste mie convinzioni. O, meglio, questi fondamentali principi costituzionali. Si potrà, ovviamente, discutere dell’opportunità di mantenere ancora questo “filtro” parlamentare, introdotto in Costituzione per proteggere le minoranze e il libero esercizio del mandato da iniziative giudiziarie strumentali.
Ma finché c’è, ogni singolo parlamentare ha il dovere di esercitare questa funzione nell’assoluto rispetto delle norme penali e costituzionali. E proprio esse impongono di ritenere sproporzionata e irragionevole la misura degli arresti domiciliari in un caso, come questo, in cui manca ogni “esigenza cautelare” (pericolo di fuga dell’indagato, inquinamento probatorio, rischio di reiterazione del reato).
Del resto, questa decisione non impedisce minimamente l’accertamento della sua (eventuale) colpevolezza che doverosamente proseguirà, ma si limita a valutare la ragionevolezza della limitazione della libertà prima del processo secondo parametri che, se valgono per tutti, devono valere anche per il senatore Azzollini. Né condivido l’idea di chi ritenga che, in casi come questi, le norme possano essere piegate, autorizzando l’arresto, semplicemente per “dare un segnale” (“anticasta”, come direbbero alcuni). Non si può dare nessun segnale a prezzo della libertà di terzi: vorrebbe dire strumentalizzare le persone per fini che le trascendano, piegare un diritto fondamentale, come quello alla libertà, a meri slogan politici, neppure dei più gradevoli. Mi sembra onestamente un po’ troppo.
Post scriptum. Non mi è mai accaduto di scambiare una sola parola con Azzollini in vita mia ed è altamente possibile che, tra me e lui, vi sia nulla o quasi in comune. E tuttavia, ritengo opportuno riflettere su una questione, in apparenza di dettaglio. Il senatore Azzollini, risulta, presso l'opinione pubblica, una figura particolarmente sgradevole. Per tante ragioni e, in particolare, a causa di una frase orripilante, infallibilmente attribuitagli. Quella della minacciata minzione a danno di alcune suorine. Per il senso comune, sarebbe la trascrizione di una telefonata intercettata. Ma non è affatto così. Quella frase sarebbe stata ascoltata da un testimone che si trovava in una stanza accanto a quella del senatore. Ma, interrogato dalla Procura, il testimone ha collocato temporalmente quella frase come segue: "2006, 2007, 2008. Cioè non ricordo bene l'anno, però è stata una stagione intermedia non era né caldo, né freddo". Vi sembra una testimonianza attendibile, alla quale appendere una persona: me o Azzollini o chiunque di voi?