Pubblicato in 2022, Le notizie del portale a buon diritto il 25 mar, 2022
Il teatro come atto politico: la compagnia Eco di fondo in un racconto da Antigone a Stefano Cucchi con A Buon Diritto
Sabato 26 marzo saranno con noi al Maxxi di Roma, per festeggiare i vent'anni di A Buon Diritto, anche Giacomo Ferraù e Giulia Viana della compagnia Eco di fondo.
Qui il loro articolo per minima&moralia.
di Giacomo Ferraù e Giulia Viana
Circa una decina di anni fa abbiamo intrapreso un percorso di ricerca sulla riscrittura di miti e fiabe accostate a temi di attualità. Ci siamo subito accorti che questo approccio ci permetteva di comunicare in maniera immediata col pubblico. La fiaba e il mito, attraverso le proprie “funzioni” ed archetipi, permettono allo spettatore di spostare il piano d’attenzione dalla contingenza, a volte stretta, dell’oggi, a un altrove fantastico, una sorta di lente d’ingrandimento per interrogarsi sulle stesse tematiche ma da un punto di vista nuovo.
Ad esempio abbiamo provato a rileggere il viaggio de Il Mago di Oz come metafora dell’emigrazione, laddove Oz rappresenta una qualsiasi Lampedusa dei nostri giorni; abbiamo riletto la famosissima fiaba di Andersen, La Sirenetta, accostandola al tema della identità sessuale e del valore della propria “coda”; Pollicino per parlare di terza età; Dedalo ed Icaro per raccontare l’autismo; Narciso per parlare della dipendenza da virtuale.
Con il tempo l’accostamento a miti o fiabe è un procedimento entrato a fare parte del nostro vocabolario, del nostro sentire scenico. Per noi quello tra arte e temi sociali è un rapporto che può dimostrarsi veramente fecondo.
Tanto che crediamo che il teatro possa essere un atto politico, nel momento in cui riesce ad offrire l’occasione di un dibattito reale e concreto con il pubblico, nel momento in cui riesce a nutrire il senso critico nello spirito degli spettatori e fa riemergere l’Umano.
È politico quando affronta tematiche scomode e ne solleva le ambiguità, ma al tempo stesso è politico quando si affaccia a temi che appartengono al quotidiano e riesce comunque a portare alla luce l’invisibile che muove le masse, che si insinua prepotentemente nel nostro presente. Per quella che è stata la nostra esperienza, serve sempre moltissimo studio per approfondire i temi, con le loro derivazioni e in tutte le loro specifiche. Per farlo abbiamo spesso incontrato persone che fossero state colpite da quel determinato problema, o abbiamo letto svariati libri sul tema, e soprattutto sono sempre state fondamentali per noi le relazioni con le associazioni che difendono i diritti delle varie “fragilità” di cui ci siamo curati. Per esempio, quella con Amnesty International Italia, che ha concesso il patrocinio a O.z, storia di un’emigrazione, La Sirenetta, La notte di Antigone; con La notte di Antigone abbiamo creato collaborazioni anche con L’associazione A Buon Diritto e l’Associazione Antigone; con Dedalo e Icaro abbiamo stretto rapporti con ANGSA di Novara, con Orfeo ed Euridice con l’Associazione Luca Coscioni e La consulta di Bioetica .
Questo ci ha permesso di lavorare a fondo e in sinergia, creando per gli spettatori occasioni di vero dibattito prima o dopo lo spettacolo, come momento in cui creare agorà, in cui continuare a restare in ascolto o portare direttamente in condivisione le proprie domande o perplessità.
Proprio in virtù di questo rapporto tra arte e finzione da una parte e mondo politico e sociale dall’altra, abbiamo scelto di dedicare degli spettacoli a storie vere. In particolare alle vicende di Stefano Cucchi ed Eluana Englaro. In questi casi, è necessaria una riflessione particolare. Anche se l’approccio per cominciare la ricerca di ogni spettacolo è differente e peculiare, c’è una regola aurea che ormai seguiamo sempre. Quando gli spettacoli sono ispirati anche solo collateralmente a fatti di cronaca vera, partiamo dal presupposto di non usare i nomi propri o i cognomi delle persone coinvolte nel fatto reale. È una questione in primo luogo di rispetto, dato che le storie in teatro possono evocare dei fatti reali, ma senza mai senza poter pretendere di raccontare “la verità”. In secondo luogo per accompagnare lo spettatore in un luogo di riflessione “altra”. Anche questa per noi è stata una indispensabile scoperta lungo il percorso: sulla crudezza e sui numeri della cronaca, in teatro vincono sempre poesia e metafora. Qualche volta anche nella vita, e sono quei momenti per cui vale la pena di viverla appieno. Orfeo ed Euridice è ispirato alla storia di Beppino Englaro: per chi ha letto i suoi struggenti libri è un dato evidente, ma per la maggior parte degli spettatori sul palco ci sono un ragazzo ed una ragazza (che si chiamano Giacomo e Giulia come noi attori) la cui storia d’amore viene improvvisamente trasformata da un incidente. La notte di Antigone invece prende spunto dalle nostre riflessioni sul caso Cucchi, sull’eroicità della figura di Ilaria, ma in scena i personaggi non hanno nome, solo funzioni: fratello, sorella, madre, padre, Antigone, Tiresia, Creonte. La nostra urgenza era raccontare la storia di eroi contemporanei. Persone che hanno lottato per la verità, per la giustizia, per i diritti di chi veniva dopo di loro. Persone esattamente come noi, Ma che davanti ad una disgrazia o ad una ingiustizia si sono fatti carico di lottare. Tutti insomma possiamo essere Giacomo e Giulia, ma pochi come Beppino Englaro possono lottare senza requie per diciassette anni al fine di ottenere il riconoscimento di un diritto. Tutti potrebbero essere sorella o fratello di un Polinice vittima di un’ingiustizia, ma pochissimi riuscirebbero a fare quello che ha fatto Ilaria Cucchi; Antigone Infatti non ci si nasce, ma si scopre di esserlo combattendo.
Nel raccontare queste storie, inoltre, oltre al riferimento alla vicenda reale c’è anche il richiamo al teatro classico, in una relazione tra narrazioni che abbiamo costruito a partire da una nostra personale urgenza: raccontare di un caso di sopruso dello Stato nei confronti di un cittadino e della grave difficoltà dei famigliari di arrivare alla giustizia. In particolare sapevamo che avremmo voluto ispirarci al caso Cucchi. Seguendo il percorso di compagnia è arrivato quasi immediato l’accostamento ad Antigone ma con alcune differenze dalla tragedia originale sofoclea.
In questo ci sentiamo davvero molto fortunati perché i temi che di volta in volta affrontiamo diventano per noi occasioni per aprire la porta verso un luogo della nostra esistenza che ancora non avevamo immaginato. Permettono a noi per primi di indagare e mettere in discussione prima di tutto con noi stessi le difficoltà dei nostri protagonisti per poi trovare una sintesi teatrale da raccontare al pubblico.
Dell’esperienza con Antigone – e lo è per tutti i nostri spettacoli – lo spettacolo è l’ultima tappa di un lungo percorso dominato da lunghi momenti di approfondimento e studio e indagine su come la scena possa reagire a quei temi.
In questa Notte di Antigone per esempio abbiamo attraversato le traduzioni per noi più significative del mito sofocleo, ma anche tante versioni della tragedia, una fra tutte quella di Anouilh, che qualche spettatore può percepire nell’eco di alcuni scambi tra i personaggi; sono poi stati fondamentali per noi libri come – ne citiamo solo alcuni – Quando hannno aperto la cella di Luigi Manconi e Valentina Calderone; Una sola stella nel firmamento, libro di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ragazzo ucciso a Ferrara nel 2005 per un controllo di polizia; Pino. Vita accidentale di un anarchico di Licia Pinelli ed ancora dai vari libri di Ilaria Cucchi che ci hanno permesso di portare il nostro sguardo lì dove era difficile immaginare di arrivare.
Il pubblico entra con noi tra le pareti della cameretta di un fratello e una sorella che proprio lì dentro hanno condiviso la loro infanzia, e si alternano così momenti differenti che portano in sé l’eco di tante di tutte le storie, di tutte le Antigoni che si sono trovate a diventarlo per scelta o per senso del dovere. La cameretta sprofonda fisicamente dentro di sé lasciando emergere le radici nel teatro classico così come le abbraccia le testimonianze e il turbamento di una vita all’interno del sistema Famiglia, che interseca quella del sistema Stato. Il parallelismo vince quando alla fine ci si rende conto che questa situazione che potrebbe accadere a chiunque e noi civilmente non dobbiamo più permettere che accada.