Pubblicato in 2020, Le notizie del portale a buon diritto il 04 nov, 2020
Riconosciuti danni per “patema d’animo” a un richiedente asilo a Roma
Negli ultimi anni sono state numerose le sofferenze provate da molti richiedenti asilo nella città di Roma a causa di ingiuste prassi messe in campo dalle pubbliche amministrazioni, in particolare da Questura e Prefettura.
Ora una sentenza della Corte d'Appello ha riconosciuto per uno di loro un danno non patrimoniale di 3.000 euro che il Ministero dell’Interno dovrà esborsare per le prassi adottate dalla Prefettura e dalla Questura di Roma, che hanno violato i diritti e la dignità del ricorrente ostacolandone l’accesso alla procedura d’asilo e all’accoglienza. Il giudice ha infatti riscontrato la “frustrazione e lesione della dignità” del richiedente asilo che in modo del tutto ingiustificato si è visto negare dalla Questura la possibilità di presentare domanda reiterata di protezione e ha poi ricevuto un decreto di espulsione, oltre a non essere stato ammesso dalla Prefettura nel circuito d'accoglienza.
Si tratta di una sentenza importante perché delegittima il comportamento di molte Questure quando dichiarano inammissibili le richieste reiterate di protezione internazionale presentate mentre è in atto un provvedimento di espulsione. La legge infatti non attribuisce alcun potere di esame alla Questura, che è dunque tenuta in ogni caso a ricevere la richiesta reiterata. Una sentenza importante anche perché sancisce il diritto di accoglienza per tutti, anche di chi presenta richiesta d'asilo reiterata.
Il risultato è stato raggiunto grazie alla straordinaria collaborazione tra le associazioni che hanno assistito il richiedente asilo e lo studio legale che ha presentato ricorso. Da parte nostra siamo felici di aver contribuito con la testimonianza di una delle nostre operatrici legali, che è comparsa davanti al Giudice in quanto testimone della palese violazione messa in atto dall'Ufficio Immigrazione della Questura di Roma.
Continueremo a vigilare, per scongiurare il ripetersi di tali pratiche arbitrarie e illegittime e difendere i diritti di chi troppo spesso non ha voce.